Dall'articolo “Agromafie, ci pensa il caporale” di Antonio Sciotto, su Il Manifesto (3 giugno 2014):
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Il caporalato in agricoltura, secondo le stime del Rapporto Cgil, costa allo Stato un’evasione contributiva non inferiore ai 600 milioni di euro annui. Sono almeno 400 mila, l’80% dei quali stranieri, i potenziali lavoratori in agricoltura che rischiano di confrontarsi ogni giorno con il caporalato. Mentre sono sicuramente 100 mila quelli che vivono una grave condizione di sfruttamento lavorativo, oltre al grave disagio abitativo e igienico-sanitario.
Chi si affida a un caporale non solo viene sfruttato nei campi: da Nord a Sud, il dossier sfata il falso mito secondo cui il para-schiavismo si concentrerebbe solo nel Meridione. Il Piemonte ad esempio è molto colpito, come anche la Lombardia, il Veneto e l’Emilia, spesso nelle coop della logistica o nelle aziende di confezionamento. Ma poi viene spesso «accolto» in luoghi fatiscenti e sporchi, senza acqua potabile e servizi igienici, e lì deve vivere: magari non perché forzato, ma anche solo per il semplice fatto che all’alba il caporale viene lì, e non altrove, a prenderti.
Dati da brivido: il 62% dei lavoratori impegnati nelle raccolte non ha accesso ai servizi igienici; il 64% non ha accesso all’acqua corrente; il 72% di quelli che si sono sottoposti a visita medica, ha sviluppato malattie legate al lavoro.
E come vengono retribuiti? Naturalmente in nero, con ampi margini di risparmio per le imprese rispetto al lavoro regolare: tra i 25 e i 30 euro al giorno, per una media di 10–12 ore di lavoro. Ma mica possono tenerseli tutti. C’è la «tassa» per i caporali, spesso vicina al 50% del già magro salario: 5 euro per il trasporto, 3,5 euro per il panino, 1,5 euro per la bottiglietta d’acqua.
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A questo link il 2° rapporto "Agromafie e Caporalato" curato per FLAI-CGIL dall'Osservatorio Placido Rizzotto.
A questo link la cartina delle zone più a rischio di sfruttamento lavorativo in agricoltura.
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